Sono nata in Svizzera, ma la mia storia comincia a Sant’Ilario, un paesino di montagna in provincia di Potenza, dove sono cresciuta all’aria aperta, nei campi e nei prati, un’infanzia contadina che non cambierei con nessun’altra al mondo. Già da piccolissima mi piaceva recitare, ero una bambina riccia e bionda come l’ape Maja e in tutte le recite scolastiche passavo da un ruolo all’altro senza nessuna difficoltà. L’ adolescenza però, come succede a tanti, mi ha portato complessi e una grande timidezza, quindi la recitazione finì in fondo al cassetto dei ricordi, anche se la mia maestra d’asilo, emigrata poi a Torino, continuava a chiamarmi “l’attrice”. All’età di 27 anni, stanca di lavori precari e malpagati ho deciso di dare una svolta alla mia vita e il caso mi ha portata in Friuli, dove un’amica carissima, Rita Menon di Gonars a cui sarò grata finchè vivo, mi ha aiutata a trovare un lavoro e a muovere i primi passi in questo mondo nuovo e tanto diverso dal mio. Sebbene non fosse la mia meta iniziale, sono rimasta in Friuli, e ci vivo ormai da 23 anni; è diventata la mia seconda patria. Qui, oltre al lavoro ho trovato una casa, e sono riuscita anche a portare a termine gli studi alberghieri, che in un impeto di "ribellione adolescenziale” avevo lasciato a metà. Mi sono diplomata nel ‘97 allo Stringher di Udine, frequentando la scuola di giorno e lavorando di sera; ero l’unica alunna con l’età da insegnante, sempre in debito di sonno perché finivo di lavorare molto tardi, ma è stata un’esperienza bellissima, che ricorderò sempre con molto piacere. Dopo aver fatto la cameriera per diversi anni ho preso in gestione un bar, ho provato quindi anche “l’ebbrezza” di fare l’imprenditrice. E’ stata anche questa un’esperienza molto istruttiva, che ha arricchito ulteriormente il mio bagaglio culturale. Ma soprattutto qua in Friuli ho ritrovato la passione per il teatro, che a mia insaputa covava sotto la cenere. E’ stata la “mano santa” di Giovanni Mariotti detto “il Nini”, il regista della compagnia “La Gote” di Segnacco, a scoperchiare il vaso di Pandora chiedendomi di entrare a far parte della sua compagnia. E’ stato come accendere un fuoco. Da allora non mi sono più fermata, la “bestia” è uscita e ora circola liberamente.

Per assecondare questa mia passione e farla coincidere col mio lavoro organizzavo serate teatrali nel bar che gestivo a Tarcento, il bar Marinelli, serate che raccoglievano man mano sempre più consensi e affluenza di pubblico. Grazie a queste serate ho conosciuto personaggi

come Claudio Moretti, col quale collaboro tuttora nel suo progetto “Cabarete”, come Tiziano Cossettini e Pauli Nauli, della compagnia teatrale di Ragogna, assieme ai quali è nato il trio PaToCos; ho avuto l’onore di collaborare anche con Alessandro Di Pauli e Tommaso Pecile, i geniali ideatori della serie web “FeliciMafurlans”, che mi hanno voluta prima come Arpia nella ditta “DAURMAN S.r.l.” e poi come “guru del peteç” nella seconda serie di “Tacons”, l’alter ego femminile dell’indimenticato “mestri di vite” Luciano Lunazzi. C’è un grande fermento culturale, qui in Friuli, tante compagnie teatrali, attori e attrici bravissimi, sia professionisti che amatoriali, tutti accomunati da un grande amore per questa terra e le sue tradizioni. E anche tanti bravi musicisti, che ho avuto l’onore di sentir suonare nel mio bar.

L’ennesima svolta della mia vita è avvenuta a settembre 2016, grazie a un video postato da Silvia Boscarello, che in pochi giorni ha fatto il giro del mondo e io mi sono ritrovata “sparata” nel web....

Adesso faccio l’attrice a tempo pieno, con i miei spettacoli giro il Friuli in lungo e in largo e

dappertutto trovo sorrisi, affetto e gratitudine. Per me non c’è niente di più bello che vedere la gente ridere di gusto. La mia attività teatrale si muove su due binari, recito sia in friulano che in italiano. Nel primo caso racconto storie di donne, molte delle quali “sfornate” dal V.V.F. (Veres Vedranes Furlanes), personaggi femminili diversi fra loro, tutte rigorosamente “imperfette”, e ognuna alle prese con le proprie problematiche esistenziali.

Nel filone italiano, invece, racconto la mia storia di emigrante. Il testo madre è un lavoro che avevo intitolato Basilicata-Venezia Giulia, scritto ad hoc per il concorso “premio Stelladoro” di Allerona, in provincia di Terni e che vinse il premio Unicoop Tirreno come miglior monologo. Era l’anno 2012. Da questo primo lavoro, che fa il quadro generale del viaggio dalla Basilicata al Friuli e traccia le prime impressioni, ne nacque un secondo: “… E poi gli strani siamo noi!”, dove si accendono i riflettori sulle molteplici differenze riscontrate giorno dopo giorno

su questo altro pianeta e gli inevitabili confronti: i sapori, i colori, i nomi delle persone, i nomi dei paesi, il modo di intendere il lavoro e infine il linguaggio, che è ciò che caratterizza un popolo e ne svela anche il modo di intendere la vita. E’ stato come aprire uno stargate.

“50 sfumature di friulano” è un ulteriore viaggio, stavolta nello specifico della lingua friulana, questa Marilenghe che grazie al bar è diventata la mia seconda lingua, e che analizzo dal mio

personale punto di vista e cioè “da fuori”. Il successo di questo pezzo ha sorpreso anche me, si è aperta un’ulteriore porta: il friulano ha visto la sua Marilenghe attraverso gli occhi di una “foresta” e ha scoperto che, oltre che bella, è una lingua allegra, ci si può giocare, è musicale e colorata come un arcobaleno, e soprattutto è divertente, offre spunti sorprendenti ed esilaranti, che fanno venir voglia di continuare ad “esplorarla”.

Lo scopo del mio teatro è raccontare: la vita mi ha messo in situazioni molto diverse fra di loro perché io potessi vederle da più punti di vista, per averne una visuale più ampia; e poi mi ha messa su un palco perché io potessi raccontare. E voglio farlo con semplicità e rispetto, al solo scopo di mettere in luce gli aspetti belli della vita, perché ce ne sono e sono tanti, solo che fanno meno notizia. Sono le cose piccole che fanno le grandi, e io voglio parlare delle nostre piccole storie, le cose che accadono tutti i giorni, le nostre piccole manìe, le paure, le brutte figure che a ognuno nella vita càpita di fare…non ce ne dobbiamo vergognare, anzi! parlandone le condividi e ridendoci su le superi. Io voglio parlare di cose belle come l’amicizia, il rispetto, la dignità, l’integrazione possibile…; di come a volte un episodio doloroso, nel mio caso l’emigrazione, si può trasformare in una grande avventura; di come queste due regioni, la Basilicata e il Friuli, di cui si parla poco perché si sa poco…un giorno si sono incontrate per caso nel mio cuore e adesso si stanno conoscendo, si studiano, si confrontano…e soprattutto si divertono!

Un divertimento sano, bio e a km zero, perché pesca nel quotidiano, nelle nostre piccole cose di ogni giorno; che non ha bisogno di volgarità perché è fatto di quella sana autoironia che ci porta a ridere prima di tutto di noi stessi. Ridere senza deridere. E senza

smettere di riflettere. La risata è il più potente antidepressivo che esista al mondo: libera energie positive, neutralizza la paura e riduce l’aggressività. Non toglie le brutture del

mondo, ma aiuta a digerirle. Dona leggerezza e buonumore. Non ha controindicazioni e gli effetti collaterali sono tutti positivi, compreso l’alto livello di contagio e quindi è un bene che si diffonda. 

Se volete, sarò il vostro pusher del buonumore....